Comincia qui un nuovo periodo della nostra prigionia: cessata la vicinanza del nostro reparto, restiamo dei “singoli” di cui evidentemente i tedeschi non sanno che farsene. Io sono rimasto sempre negli elenchi dei lavoratori, ma senza convinzione; prima perché non ho un reparto da seguire in tale decisione alla quale io personalmente ero contrario, secondo perché non vedo come possa trovare decorosa sistemazione il gran numero di ufficiali che si trova nelle mie condizioni. La nostra permanenza a Hyères durerà fino al 6 ottobre.
Nei primi giorni provvediamo a sistemazioni in un ambiente più pulito ed a procurarci brande e materassi, nonché a distruggere cimici. I giorni si susseguono tutti uguali. Il rancio è sempre monotono, ma ci stiamo abituando all’orzo ed all’avena. La razione è sufficiente. Ogni giorno abbiamo per passatempo i concerti dell’orchestra del 208 fanteria che è pure in caserma. Si fanno delle camminate nel cortile per sgranchire le gambe. A chi lo chiede vien dato il permesso di uscire con una sentinella che può essere allontanata con una certa facilità, ma io non approfitto di tale possibilità perché mi è odioso il subire le occhiate dei civili che guardano se abbiamo o no la pistola. Tale esame mi irrita anche se tutte le simpatie dei francesi sono per i disarmati.
Dapprima a mezzo di Vecchia, poi per autorizzazione dei tedeschi, scrivo delle lettere a casa, ma ho la sensazione che non giungeranno mai, e l’angoscia per la mancanza di notizie da casa e la preoccupazione per non poterne dare mi impedisce ogni serenità.