Il 26 settembre i nostri attendenti partiranno con il reparto lavoratori in cui sono stati inquadrati: sono gli ultimi uomini del Battaglione Monte Majella che se ne vanno. Abbraccio il fedele Morelli che tanto premurosamente ha compiuto il suo dovere di attendente dal giorno del mio richiamo fino all’ultimo e gli auguro ogni fortuna. Gli do un modesto aiuto materiale e gli raccomando di farsi vivo in tempi migliori. Della vecchia affiatata 758 siamo rimasti soltanto Brunello, Dell’Orto ed io. Da Boschiero che ci viene a trovare sappiamo che anche le due compagnie rimaste alla Valletta partiranno il 27. La destinazione pare sia una località nei pressi di Marsiglia.
Nelle nostre passeggiate, con Brunello, per il cortile, osserviamo le lunghe teorie di automezzi che furono del nostro esercito. Molti di essi sono in perfette condizioni, almeno apparentemente. Voci insistenti dicono che i tedeschi fra breve abbandoneranno la Provenza e questo induce a meditare piani di fuga. Ma, fintanto che si rimane in Francia, conviene fuggire arrischiando una pallottola nella schiena? E poi come si può vivere stando perennemente nascosti? L’aiuto degli amici non lo si può chiedere perché c’è la pena di morte per chi accoglie e nasconde militari italiani in casa propria.
Nonostante tutte queste considerazioni c’è chi tenta la fuga, non è difficile allontanarsi poiché si gode di una relativa libertà. Fra questi però non v’è nessun collega del “Monte Majella”. Non si fa niente tutto il giorno. Alle 8 di mattina ed alle 4 del pomeriggio, ogni giorno, si va ad apporre una firma su un registro. Nel corso della giornata io passo parecchio tempo a scrivere, a leggere ed a sistemare le mie cose. Comincia qui a presentarsi il grave problema del lavare e del rammendare la biancheria, ma, vinta la prima avversione per tale genere di lavori, vedo che la cosa non è poi tanto gravosa ed in seguito mi ci abituerò senza difficoltà.