Il Comandante tedesco è un giovanissimo sottotenente occhialuto; è gentilissimo ma si secca della tribù del Maggiore Colonna che manca di ogni parvenza di forma e si comporta in modo spesso indecoroso. È a loro che dobbiamo alcune restrizioni disciplinari e la cattiva fama che hanno gli ufficiali italiani presso i tedeschi.
All’indomani del nostro arrivo, cioè al giorno 7, anche Gavioli ci raggiunge perché era rimasto a Hyères in soprannumero. Non ha potuto portarci la valigia con i nostri viveri e quindi per un paio di giorni facciamo cinghia. In compenso a Hyères immagazzinano le nostre razioni di formaggio e le vedremo in seguito mangiare allegramente da Bellodi e Portalupi.
Al giorno 8 mattina, dopo una notte piovosa, troviamo i nostri vestiti intrisi di umidità. La stagione non è più tale da permettere una vita comoda in tenda. Ho anche la dolorosa sorpresa di constatare che sono scomparse le mie vecchie ottime scarpe da sci che da ben quindici anni usavo. Provvediamo ad ingrandire la tenda, ad impiantarci la luce elettrica e a sistemarci quanto meglio possibile. Arrivano altri 110 ufficiali ma non c’è posto per loro; il comando tedesco li manda al Chateau Vert, distante circa un paio di chilometri e all’indomani li seguiamo pure noi. La delusione, quando arriviamo a questa nuova sede, è enorme. Speravamo che “Castello” fosse sinonimo di casa con un minimo di comodità ed invece troviamo uno scheletro di costruzione dalla quale è stato asportato tutto l’asportabile, finestre comprese. Le stanze migliori sono già state occupate dagli ufficiali arrivati il giorno prima. Io, che ho preceduto gli altri per trovar posto, riesco ad occupare per il gruppo un locale simile ad un abbaino.
All’arrivo del gruppo e dei bagagli si provvede alla solita pulizia ed alla sistemazione. Si impianta la luce elettrica e si tura alla meglio la finestra con teli da tenda. Siamo in 8 in un locale da circa 4×5. Il nostro gruppo ha perso una amena unità: Filippini, l’impassibile generoso elegante Filippini, è andato all’ospedale italiano di Tolone con una infezione ad un braccio. Me ne dispiace perché era un ottimo amico ed un raro camerata col quale andavo perfettamente d’accordo. So che la sua malattia non è grave, ma so anche che non ritornerà con noi – e questo andrà a tutto suo vantaggio perché non è tipo da prendere decisioni avventate. Dopo alcuni giorni avrò la conferma di non essermi sbagliato nelle mie previsioni.