Il 21 dicembre viene a visitarci un generale d’aviazione con un maggiore degli alpini – Vaccari –. Hanno – dicono – funzioni assistenziali, ma in realtà fanno propaganda per il partito repubblicano e ottengono, specialmente al 1° blocco, parecchie adesioni. Il miraggio di andare in Italia è allettante, ma non tutti ci credono – e fanno bene. Fra i miei compagni c’è Bellodi, perennemente indeciso in ogni momento, che nella sua ingenuità crede in tutto quel che sente dire e che soltanto la nostra ferma decisione trattiene da fare il gran passo. È un tipo, Bellodi, più da compatire che da biasimare. È anziano ed è grasso, non ha neppure un minimo di spirito d’adattamento. Da quando è prigioniero non si è mai lavato neppure un fazzoletto ed ha le sue cose ridotte in stato disgustoso. Incapace di qualsiasi attività cerebrale come di attaccarsi un bottone, vive nell’ozio più assoluto. Fa spesso pena e, se non fosse per la grettezza del suo animo che lo rende antipatico ai più, lo si aiuterebbe. Lo assisto come meglio posso durante una breve malattia e gli cedo i rari pezzetti di carne che trovo nel mio rancio per confezionargli un nutrimento migliore. Per tutta riconoscenza cede ad altri i cibi che avanza. Si ragiona con lo stomaco a Deblin, quindi Bellodi perde definitivamente la mia stima. Più avanti passerà fra i combattenti liberandoci della sua presenza e partirà senza venire a salutarci. Lascerà un infimo ricordo mediante un’ultima bassezza: siccome non aveva possibilità di farsi mandare molti pacchi, Ungania aveva indirizzato ad un suo zio un modulo di Bellodi nell’intesa che l’avrebbe fatto partecipe del contenuto del pacco. Ma Bellodi, quando il pacco giungerà a suo nome, se lo terrà interamente. E ci sarebbe da far molte considerazioni sulla grettezza degli internati – ma il male è troppo comune. Io stesso – esaminandomi obiettivamente – mi trovo in peccato. Quindi sorvolo.
Si avvicina il Natale – si è più che mai vicini col pensiero alla casa e più che mai si sente la mancanza di notizie. Brunello riceve buone notizie il 22. Io attendo invano ogni distribuzione di posta. Non so se Renata è sempre a Cernobbio e quindi non so se la mia posta le sarà arrivata. Forse penano, lei e la mamma, per la mancanza di mie notizie, e ne hanno ben motivo perché le vicende che abbiamo attraversato, nelle versioni giunte in Italia, non sono certo esenti da lati preoccupanti. C’è attorno l’atmosfera natalizia. Tutti sono intenti a far presepi ed alberi o a combinare, mediante razioni risparmiate a forza di digiuni, manicaretti natalizi. Io non ho nessuna velleità del genere – vorrei che il giorno passasse uguale a tutti gli altri perché so che ogni mutamento non potrà che aumentare l’accoratezza che ho dentro. Non riesco a distogliere il pensiero dalla famiglia e immagino che anche per loro non ci sarà serenità. Almeno a Titti spero che abbiano pensato: beati i bambini che non condividono le pene altrui. Mi par di vederlo felice davanti a qualche regalo e vorrei essere vicino a lui anche per condividere la sua gioia – in questo solo mi pare che possa consistere la letizia natalizia. Nessun rancio speciale potrà risollevare l’animo dalla profonda malinconia in cui inevitabilmente cade.