La prima settimana di marzo trascorre veloce e senza notevoli avvenimenti; io, per passare il tempo, inizio e porto a termine la lavorazione di una bilancia che fa impallidire, per eleganza e precisione di funzionamento, le consorelle già in uso presso altre camerate. Ogni giorno ho la consolante occupazione di cucinarmi un risotto o delle castagne; per la sera abbrustolisco fette di lardo nel pane e penso alle scorpacciate che farò da borghese, in quel tal fausto giorno, con simili leccornie.
Arriva un vagone di pacchi spediti senza modulo dalla C.R.I. di Milano ma per me non c’è niente. Ce ne son due per Colombo e, Dell’Orto partecipe, passa ore a sistemarli ed a progettare manicaretti, con gli occhietti avidi roteanti, con l’insaziabile appetito dipinto in faccia. Per Dell’Orto il problema dell’alimentazione è diventato una ossessione: da casa ha ricevuto il secondo pacco contenente un chilo e mezzo di roba – pare che lo prendano in giro – e lui non parla d’altro che dei cibi che si preparerà quando gli arriveranno i necessari ingredienti e fa descrizioni particolareggiate delle “meravigliose marmellate” e dei “fantastici biscotti” arrivati agli altri della sua camerata. La madre gli scrive chiedendogli se “si è impiegato” – ad altri vien chiesto se occorrono soldi, – ad altri vien consigliato di far lavare la biancheria dalla padrona di casa. Possibile che in Italia siano così male informati circa la nostra reale situazione? Possibile che nessuno ancora abbia raccontato come si sia ben rinchiusi e come ci si debba arrangiare da soli per tutte le più meschine necessità?
Anche gli attendenti hanno cessato di fare quel poco che facevano; così che iniziamo la nostra giornata spazzolando il pavimento e facendo altre simili faccende. Consci del privilegio che vien loro conferito dal possesso di qualche patata da cedere, i nostri ottimi ex dipendenti, accumulano orologi e gioielli e spadroneggiano. I casi di eccessiva insolenza sono all’ordine del giorno ma restano impuniti: il giorno 2, al bagno, un attendente invita gli ufficiali ad “aprire le orecchie” quando lui chiama per distribuire gli abiti disinfettati. È un complesso di cose che trova forse le sue origini in vecchi più o meno giustificati rancori verso gli ufficiali ma che comunque indispone chi non trova nel proprio passato torti del genere da rimproverarsi. Per consolazione ognuno propone e minaccia rappresaglie per quel giorno in cui sarà nuovamente chiamato a comandare dei soldati – ma sono parole vane perché tale giorno difficilmente tornerà e intanto bisogna subire ed aggiungere anche questa alle molte altre umiliazioni.