10 aprile. La seconda festa di Pasqua trascorre quasi completamente in allarme aereo. Consumo l’ultimo gavettino di riso e penso alla cinghia dei giorni prossimi.
11 aprile. Riprendiamo l’assurdo sistema della sveglia alle sei – cioè alle cinque solari – quando è ancora buio pesto. Interrompo il digiuno con due cucchiai di pastina, mia ultima risorsa, cotta in acqua e sale. Durante la mattinata allarme aereo continuo. Taglio i capelli in modo egregio a Segantini, Portalupi e Brunello – mi son specializzato in tale mestiere tanto che la mia opera non è inferiore a quella di un qualsiasi professionista; tutti gli amici hanno la testa più o meno recentemente tosata da me e la richiesta aumenta; ma non ho il coraggio di accettare ricompense. Il rancio, confezionato con l’ignobile verdura secca, vien distribuito alle 14 circa e gli stomaci sono in condizioni disperate. La mattinata, con l’orario in vigore, è eterna. Chiudo la giornata guastando l’orologio, nel caricarlo, con grande dispiacere.
12 aprile – Sveglia alle 5.30 e partenza alle 6.30, con coperte, per un campo a sei km, ove c’è l’impianto di disinfestazione. Si cammina come automi sotto il pallido sole, deboli per la denutrizione e per la mancanza di allenamento. Qualche accenno a canzoni abbrevia il cammino. La scorta, contrariamente alle consuetudini non urla e si accontenta del nostro passo lento e dell’allineamento imperfetto. Si fa il solito bagno a gruppi di 25 mentre gli abiti vengono disinfettati a gas tossico. L’operazione, per i 250 componenti la baracca 6, termina alle 13; alle 14.30 rientriamo nel campo vuoti e sfiniti. Il rancio è di miglio; buono ma lungo. C’è nella camerata accanto un orologiaio che si presta ad accomodarmi l’orologio dietro compenso di pane. Devo quindi fare più cinghia del solito per risparmiare mezza razione. Mi cuocio la solita pastina in acqua e sale, ed il mio pasto serale è composto da questa e da 150 gr. di pane.
13 aprile – fame – fame – fame
14 aprile – ieri sono stati distribuiti 150 pacchi e altrettanti verranno distribuiti oggi. Questo fa sperare che venga la volta buono anche per noi. Intanto, esauriti i viveri d’ogni specie, tiro la cinghia. Anche qui funziona il mercato nero – fatto direttamente con le sentinelle tedesche – ma le quotazioni sono assurde. A Deblin il pane costava una lira al grammo; qui una pagnotta non è stata ceduta per 5000 lire. Per un buon paio di stivali vengono date due pagnotte; per un maglione nuovo ne vien data una. Anche volendo non saprei di che cosa privarmi, dato che il mio corredo è ridotto al minimo.
Passo la mattinata a rammendare calze ed a sbadigliare. Al rapporto capi baracca viene annunciato che lo zuccherò verrà dato alla mano – e questa è una conquista sulle consuetudini tedesche. Il numero dei beneficiari di doppia razione aumenta ogni giorno can l’aumentare delle cariche. La caccia ai posti di comando, di posta, di amministrazione è continua e accanita; la razione per noi prigionieri qualsiasi cala ogni giorno. La verdura secca, nonostante la fame, mi pare ogni giorno più disgustosa; anche ieri sera non mi è stato possibile vincere la nausea che mi impediva di arrivare in fonda alla gavetta. A sera ci fanno attendere la razione di pane due ore più del solito. In compenso ci danno il pesce in scatola che è discreto e la cui razione raggiunge ben 80 gr. Divoro il tutto e mi corico con una gran fame.
15 aprile – fame e basta.