19 aprile – giornata felice: alle 13 contemplo la gavetta vuota – troppo presto vuota – quando il capo camerata annuncia ad alta voce che mi è arrivato un pacco. Manni contemporaneamente riceve il terzo. Nel pomeriggio dovrei ritirarlo, ma il censore è assente e l’operazione è rimandata a domani – ma questo non ha importanza: come il dolor di denti passa nell’anticamera del dentista, così l’annuncio del pacco fa passare la fame. Alle 18 sto mangiando la solita razione di pane e margarina quando mi vien consegnata una lettera di mamma. È del 7 marzo e porta buone notizie di tutti. Mi preoccupano le loro difficoltà alimentari e penso quanto io debba gravare sulle modeste risorse di Renata. Decido quindi di diminuire l’invio di moduli. Anche per i meridionali giungono le prime lettere con buone notizie sulla situazione generale ed alimentare in particolare. Alcuni siciliani erano da sei ed anche otto mesi privi di notizie. Nel pomeriggio contiamo oltre 500 aeroplani inglesi che transitano sopra noi.
20 aprile – Ritiro il pacco, aggredisco galletta e castagne e mangio mangio mangio. All’atto del ritiro mi è stato tolto il riso perché le cose da cucinare vengono immagazzinate in attesa che funzionino certe cucine che ci son state promesse. I tedeschi, siccome hanno cessato la distribuzione della torba, temono che per cuocere i nostri alimenti si brucino materiali di casermaggio. Nuova angheria totalmente illegittima.
21 aprile – secondo giorno di supernutrizione: dimentico i propositi di saggia ripartizione e mi do alla più sfrenata incontinenza. Prima di sera ho esaurite le castagne e buona parte del pane. Ma la voluttà del mangiare abbastanza è ineguagliabile. È in atto il cambiamento del comando tedesco. Il nuovo comandante impressiona favorevolmente per i suoi modi e perché è austriaco.
22 aprile – Renata mi ha scritto – son più tranquillo perché so che prende il mio stipendio dal distretto e perché a Roma la signorina Agabitini provvede alla casa. Speriamo che almeno quella possa salvarsi.
23 aprile – Brunello sta ascoltando la Messa quando vien ricercato perché deve partire immediatamente per il Lager principale. Brunello, a quanto pare, rientrerà in Italia! Lo stupore suo, lo sgomento di tutti di fronte alla sua immensa fortuna ci rendono muti e attoniti. Lo aiutiamo ad affardellare lo zaino, gli prendiamo il rancio, lo abbracciamo, lo spingiamo sull’autocarro e gli buttiamo al seguito valigia, sacco e gavetta piena. Parte senza dire una parola, intontito, timoroso di illudersi inutilmente, cercando di convincersi che si tratta d’altro per paura di dover subire una delusione troppo forte. Lascia un grande vuoto, Brunello, partendo. Ho subito la sensazione di essere molto più solo senza il compagno col quale ad Aidussina avevo iniziata la vita militare e col quale dividevo gli alti e bassi quotidiani da un anno e mezzo. Con Brunello sempre sereno e fiducioso, era più facile superare le giornate nere; reciprocamente ci eravamo fatti coraggio nelle ore tragiche dell’8 settembre e reciprocamente avevamo tenuto più vivo nella nostra mente il ricordo delle nostre famiglie. Sono contento per la miglior sorte che gli è stata destinata, ma in questa sera triste non posso fare a meno di pensare che se qualcuno si fosse occupato di me come si sono occupati di lui, avrei potuto essere nelle stesse condizioni. Sono rassegnato a bere fino in fondo l’amaro calice ma mi rendo anche chiaramente conto che, ove manchi una superiore giustizia, sia lecito agli uomini prendersi le giuste vendette. La guerra insegna che si può nuocere al prossimo senza essere criminali; rimanga questa esperienza almeno come frutto di tante sofferenze.