Dal giorno 2 ho esaurito il tabacco – nel pacco non ce n’è – quindi devo rinunciare al vizio e limitarmi a qualche cicca offerta dagli amici dato che tutti hanno grande carestia. È una piccola sofferenza che si perde nel generale disagio della prigionia e che immaginavo più dura da sopportare. Siamo completamente all’oscuro circa gli avvenimenti della guerra. Ci è stato dato il bollettino del giorno 28 e quello del 2 dai quali non risulta niente di sensazionale.
Anche il 5 maggio, giornata di avvenimenti storici, passa liscio liscio, uguale a tutti gli altri giorni. Durante la adunata ci vien comunicato che in un campo vicino, in seguito a mitragliamento da parte di aeroplani inglesi, vi son stati alcuni morti ed una ventina di feriti gravi; si ribadisce quindi l’obbligo di stare in baracca durante gli allarmi come se i sottili tetti di eternit potessero costituire una valida difesa. Il tempo si mantiene freddo e temporalesco, come se non avesse alcuna intenzione di riconoscere al mese delle rose i suoi diritti. Sono soddisfattissimo del mio tavolino ove passo le giornate leggendo tutto quel che mi capita ed incidendo ghirigori sulla gavetta. Nel campo funziona una biblioteca circolante dalla quale si può avere qualche libro; poi, per procurarsene altri, basta circolare per le camerate con un libro proprio strillando “cambio libro” ed in tal modo si ottiene qualcosa di nuovo. Leggo in tal modo la Storia Moderna del Manaresi, un libro di Pearl S. Buck, uno del Verne ecc. Brunello mi ha lasciato “Il mio Paese ed il mio Popolo” di Lin Yutang la cui intelligenti parole mi danno un’ulteriore prova della saggezza di questo autore che metto senz’altro al primo posto nella scala delle mie preferenze letterarie. Si parla molto di questo autore e dell’insegnamento ch’esso potrebbe dare all’umanità travagliata e questo aiuta a passare il tempo. Noto che, probabilmente a causa dell’inazione che favorisce la meditazione, si è sviluppato, in me come negli altri, un maggior senso critico. Ci si abitua a considerare più attentamente le cose e ad osservarne lati che prima si trascuravano. Anche la prigionia ha i suoi lati buoni.
Il giorno 10 abbiamo una triste cerimonia nel lager: il funerale del Capitano Carelio, dei carabinieri, morto di meningite dopo pochi giorni di malattia. Si pensa con sgomento alla sciagura del buon Carelio, della sua famiglia, alla tristezza di una morte in un così malinconico esilio. La cerimonia è quanto mai triste: la salma coperta del tricolore vien fatta passare innanzi a noi schierati in quadrato. È portata a spalla da sei camerati ed il cappellano, davanti al feretro, recita le preghiere. Poi, su di un carro, vien portata ad un cimitero vicino, accompagnata da una rappresentanza di ufficiali e da un drappello di tedeschi armati. La mesta cerimonia non può non suscitare in ciascuno di noi tristi pensieri ed il campo, dopo rotte le righe, rimane insolitamente silenzioso. Io passo le ore divorando libri uno dopo l’altro per non lasciare alla testa il modo di perdersi in troppe malinconie ed ai polmoni il modo di far sentire la sempre più insopportabile necessità di una sigaretta.
Oggi, 12 maggio, passiamo una giornata diversa dalle altre perché stiamo dalle 8 alle 11 e dalle 3 alle 6 impalati in cortile a vedere i tedeschi che asportano dalle baracche e portano via le nostre coperte. È un’angheria ed un abuso simile a molti altri ma è anche più disonesto del solito e ci lascia l’animo amareggiato perché non ci è data la possibilità di reclamare. Il maggiore che comanda il campo assiste impassibile al furto senza avanzare una parola a nostro vantaggio. Gli stessi tedeschi riconoscono l’irregolarità del trattamento ma… non sanno che farci. Questa sera sono maledettamente avvilito. Dopo che ho consumato il mio pasto a base di polenta e pane con sale per companatico, dopo che ho inutilmente atteso il mio nome alla distribuzione della posta, dopo che mi son soffocata di dentro la gran voglia di fumare senza riuscire a togliermela, mi accorgo che la mia possibilità di sopportazione è arrivata al limite. Credo che se continuerà a lungo questa vita, se anche il fisico resisterà, il sistema nervoso dovrà prima o poi cedere di fronte al suo lento inesorabile logorio.