Alle 9 comincia la rivista – è minuziosa fino allo spasimo, ma i tedeschi sono corretti e cortesi; passiamo poi le solite formalità di immatricolazione e quindi, alle 12 circa del primo dicembre, prendiamo possesso della nostra nuova dimora: è una baracca rudimentale, gelida, col solo tetto di tavole ad una sola grande campata – è altissima al centro e bassa ai lati, ci sono due stufe che non funzionano per mancanza di combustibile e due file di castelli. In giornata ci vengono dati pagliericcio ed una coperta, una sbobba discreta ed il pane che divoro immediatamente con i residui dello zucchero. Si fa l’appello alle 3 ½ , alle 4 ½ non si può più uscire dalla baracca. In caso di allarme vien tolta la luce quindi siccome gli allarmi sono regolarissimi verso le sei di sera, a tale ora non rimane che interrompere la quotidiana partita a bridge ed infilarsi nel letto.
La notte, in questo campo, dura sempre almeno 14 ore, il che va a tutto vantaggio del risparmio di energie. I viveri non sono sostanzialmente diversi da quelli di Sandborstel; vien dato in mezzo il companatico ma nella sbobba c’è sempre qualche filamento di carne; e qualche condimento, tanto che le rape da foraggio diventano quasi mangiabili – il pane è il solito sesto di pagnotta – le patate sono date alla mano e si aggirano sui 200 grammi. In complesso c’è quel che occorre per aver sempre in corpo una fame porca; e per togliersela da addosso almeno per un momento occorre fare un unico pasto al giorno – sistema al quale mi atterrò scrupolosamente.
L’appello è rapidissimo ed ha luogo davanti alla baracca; l’acqua viene erogata da una pompa a mano in mezzo al cortile tra le baracche – naturalmente, considerato che son circa 500 persone che devono servirsene, si può pensare che la coda davanti è lunghissima e che ci si lava ad un’ora qualunque del giorno. In compenso ci sono dei lavatoi in costruzione e ci sono anche molti che rinunciano a lavarsi data la temperatura esterna. Il peggior avversario da superare si rende subito evidente: è il freddo. Non c’è che poca ramaglia da bruciare come combustibile – e non è sufficiente neppure a riscaldare le due grandi stufe in muratura, ma anche se ci fosse del carbone la grande campata di baracca rimarrebbe irriscaldabile per la enorme dispersione data dal tetto non perlinato. Comincio a vivere mettendomi addosso tutto quanto possiedo: tre maglie, due giacche, un pullover – durante la prima notte soffro il freddo nonostante sia andato a letto vestito, poi mi danno un’altra coperta e sto un po’ meglio ma non certo abbastanza caldo.