Marzo comincia con una piovosa malinconica giornata in cui l’astinenza dal fumo concorre non poco a mettermi di cattivo umore. Ci vien data una rimanenza di scatolette di latte – ¼ a testa – passo la mattina scrivendo a casa. Mando anche due bollettini pacco a Sellerelli e ad Agostà – poco sperandoci. Termino la distribuzione di un mezzo vagone di pacchi ove per me non c’era niente, i pacchi di gennaio non spuntano nonostante le solite voci ne parlino con insistenza. I bollettini nei primi giorni di marzo, pur non portando grandi notizie, fanno pensare a eventuali prossimi eventi e così l’insistenza del transito d’aerei nella zona. Passo gran parte della giornata a letto per risparmiare energie e per vincere la sensazione di freddo e di vuoto interna. Solo la lettura mi dà modo di dimenticare la gran voglia di fumare, ma resisto e non cedo niente della già scarsa razione. Un libro sui forzati della Guiana (ghigliottina secca) ci dà materia di paragoni a tutto nostro danno. La camerata muove un attacco concentrico per decidere il capitano Gentili a togliersi dalla luce col suo castello. Ne viene una comica aggressione a base di insolenze gentilmente dette ma il risultato è nullo – in compenso ci si diverte abbastanza, e la mia partecipazione è sentita perché ho preso in antipatia quel femmineo ficcanaso.
In certi momenti venderei l’anima per una sigaretta e questo è uno di tali momenti. Il 7 marzo c’è l’allarme record di 5 ore e mezzo a partire dalle 10.30 – così necessariamente mangio il pane alla sera e dormo meglio. Il mattino siamo puniti per un ritardo all’appello con una lunga permanenza al vento gelido che ci riempie di freddo per tutto il giorno. L’8 arrivano 400 pacchi ma è roba vecchia ed io non ho da sperare. La mancanza di tabacco si fa sentire spesso in modo esasperante. Passo gran parte delle giornate a letto leggendo o fantasticando. Il clima è tornato rigido quasi come a dicembre e spesso nevica. L’ultima somministrazione di legna da bruciare – ed era sufficiente per due ore di fuoco – ci è stata fatta il 10 gennaio.
Per ingannare il tempo nelle poche ore che passo in piedi, rifaccio il fornello a ventola. Ho fame per 22 ore al giorno dato che il pasto unico quotidiano fatto con sbobba a pane e margarina calma lo stomaco per non più di due ore. Ho comprato con l’ultimo tabacco, a suo tempo, parecchi moduli postali che mi permettono di scrivere spesso a Renata e a mamma – mi consola l’idea di dare frequenti notizie e la speranza di avere prima o poi il conforto di molte risposte – speranza che a priori so destinata ad andar delusa.