Dall’est e dall’ovest si attacca continuamente – gli AngloAmericani sono sul Reno e pare l’abbiano superato – secondo altra voce i Russi sono nelle vicinanze di Berlino. Il guaio è che, nonostante ogni ragione logica, troppe volte abbiam visto continuare tutto tranquillamente in momenti anche più decisivi. L’11 è festa della Vermacht e per conseguenza non facciamo l’appello alla mattina – questo mi permette di fare 17 ore di letto consecutive. La fame è sopportabile ormai come sofferenza, ma comincia a farsi sentire la debolezza con un continuo desiderio di letto e con un freddo invincibile che di tanto in tanto mi prende nella testa e nel corpo. Siamo riusciti a far spostare il castello del capitano Gentili ed ora abbiamo a disposizione, per leggere scrivere e mangiare, due tavoli in luce; per arrivare a tale risultato siamo passati attraverso una enorme serie di liti, battibecchi, dissidi da non dirsi.
Passano altri due giorni uguali. Il 13 mattina sappiamo da Spaccesi che Marantonio e Alessandri sono in prigione per esser stati colti di notte in una perlustrazione alle sentinelle rivolta a preparare una fuga. Il 14 subiamo una perquisizione da parte di un capitano dei CCRR perché in cucina sono scomparsi 250 kg. di patate e 7 kg. di carne – non si trovano tracce della refurtiva; probabilmente bisognerebbe fare delle laparatomie per aver più successo. Gli allarmi si susseguono con più frequenza nel pomeriggio; al mattino generalmente i viveri si riesce a ritirarli in orario e così il rancio. Ad ogni giorno che passa sento più forti i sintomi della debolezza e il calo comincia ad essere evidente ad occhio nudo: braccia e gambe prendono tutte le caratteristiche di quelle di un Cristo in croce.