Sentiamo regolarmente radio Londra e quindi sappiamo che in Italia sono sul Po e che Berlino è attaccata. Nei giorni successivi sentiamo della liberazione della Italia del Nord per opera dei patrioti e la nostra attenzione è tutta tesa su tali avvenimenti. Continuiamo la nostra attività da massaie e continua il saccheggio delle case tedesche per opera di russi italiani francesi. C’è anche chi esagera e si appropria di roba requisita dagli angloamericani con qualche conseguenza diplomatica. I pranzetti che ci confezioniamo sono abbondanti e appetitosi; i nostri organismi si riprendono sotto l’ottima influenza di quattro o cinque etti quotidiani di bistecche e i giorni passano velocissimi. I francesi hanno però rallentato il ritmo delle partenze e quindi anche la nostra permanenza qui minaccia di allungarsi. Così tutti si preoccupano del domani e la scena di ufficiali che vanno a casa con vacca o porco al guinzaglio è frequentissima – troppo si teme di dover essere alla razione anche se tale razione è abbondante o quasi.
Il numero delle somministrazioni di viveri è però diminuito – domenica ci danno: 250 carne, 500 pane, 40 burro, 40 zucchero, un cucchiaio di ciliege sciroppate un pugno di piselli. Anche i nostri viveri vanno esaurendosi e cerchiamo di darci da fare con vari espedienti ma i risultati sono scarsi, se si fa eccezione di qualche scatola di salame e di un po’ di zucchero che Massari ottiene unendosi a dei russi in una impresa di scavo.
Domenica 29 il menu porta: a mezzogiorno semolino, bistecche, patate al forno con salame, pasticcio di fegato; a cena: gnocchi (105 a testa) bollito, salame, patate arrosto, frutta sciroppata. Una spedizione fatta con Manni per la conquista di una vacca fallisce miseramente. L’epidemia di diarrea si è calmata, ma c’è chi a conseguenza di indigestioni è dimagrito ancor più. Ad uno ad uno, durante le passeggiate in paese, trovo i vecchi amici. Spaccesi è trasformato e veste una elegante divisa della marina tedesca ed un impermeabile chiaro. Gaggi è trasformato in sguattero permanente in una compagnia di eccellenti cuochi; Marantonio ha resistito alla tentazione per qualche giorno, o ora, ed è poi passato all’attacco dei viveri fino ad indigestione pentendosi amaramente di aver lasciato asportare gran parte dello scatolame dai padroni.
Lunedì 30 aprile improvvisa e inaspettata giunge la notizia che dobbiamo rientrare al campo di Wietzendorf per attendervi ordini relativi alla nostra partenza, avendo gli angloamericani bisogno del paese per uso militare. Dopo un bagno di libertà e di benessere, rientrare tra i reticolati ed i disagi del campo ove già tanto si è sofferto e atteso è un duro colpo del quale non riusciamo a persuaderci. Ma bisognerà rassegnarsi: la nostra partenza è fissata per le ore 10 di martedì 1° maggio e non rimane che passare il resto della giornata in preparativi.
Ci siamo procurati, al mulino locale, un sacchetto di segala che graverà sulle nostre spalle ma che contiamo di non abbandonare come pure il poco che ci rimane di commestibile. E l’indomani si parte in camion e si rientra nel lager – e non vale avere portato al seguito un piumino sul quale dormire e qualcosa da mangiare, non valgono le assicurazioni inglesi sulla provvisorietà del provvedimento, non vale la caterva di buone notizie militari: il nostro scoramento è indicibile fra i muri porosi e sotto il tetto inclinato della baracca che credevamo di non dover più rivedere. Siamo ritornati alla 12/2, lasciata in condizioni di indicibile sporcizia dai francesi e di contente credo ci siano solo le innumerevoli pulci, che ci accolgono con festosa, cordiale aggressività. Si ripensa ai giorni di Bergen come ad una villeggiatura di breve durata ma intensamente vissuta – si ripensa alla situazione privilegiata in cui credevamo di essere ed alla gran massa di internati nei lager alla quale riprendiamo a far parte.
I giorni ricominciano a trascorrere nel ben noto modo e con i ben noti inconvenienti aumentati ora dal fatto che mancano i tedeschi a tener ordine e pulizia per cui ognuno si sente autorizzato a fare i propri comodi fregandosi delle necessità comuni. Sulla porta principale del lager passeggia una sentinella inglese e un ufficiale inglese se ne frega di quel che succede all’interno. Gli approvvigionamenti giungono in misura sufficiente ma le distribuzioni sono lente e avvengono alle ore più inopportune. I ranci sono pastoni densi e insipidi inadeguati alle nostre attuali esigenze, le distribuzioni avvengono ad ore varie dalle 10 alle 19. Gli inglesi hanno promesso viveri dalle loro sussistenze ma per il momento non c’è che roba requisita sul posto; cioè orzo, miglio, avena, carne di vacca o di porco, latte quasi sempre guasto, burro o margarina, pane di segale in dose di circa 300 gr. – pochi ancora – e di tanto in tanto la ben nota ricotta acida e lo zucchero.