Fino a domenica 13 tutto procede senza nulla di importante ma qui comincia la naja inglese: il campo è in condizioni pietose di sporcizia e di disordine e vengono minacciate sanzioni se non si pulisce. Il Comando dice che i soldati sono incomandabili e che quindi dobbiamo far noi – eseguiamo a malincuore lo sgombero dei cortili. Viene anche la proibizione di fare compere presso i borghesi e pattuglie perquisiscono gli ufficiali che portano involti o borracce – così termina il rifornimento del latte – fortunatamente quando la mia pancia ha ripreso a ben funzionare. Poi vengono forti riduzioni sulla razione che si riduce a 300 di pane, 100 di carne, 1 sbobba non sempre buona, 25 di latte in polvere, 30 di zucchero e qualche altro aggeggio di poca importanza.
Mercoledì 16 ci danno 34 sigarette. Di partenza non se ne parla ed il malcontento è grande – le condizioni igieniche del campo sono disastrose; il pericolo di epidemie incombe – e continuano a lasciarci vivere qui, quei signori che fanno tanta propaganda sui fatti di Belsen e di Buckenvald. Nei riguardi del Comando Italiano il rancore di tutti assume ad ogni giorno proporzioni maggiori – lo si accusa giustamente di molte incapacità in materia diplomatica per quel che non riesce ad ottenere per noi e soprattutto di disinteresse per quel che riguarda l’affollamento del Campo da parte di ogni specie di italiani. La ricostruzione della nostra dignità, che è quel che speravo dagli inglesi, rimane un pio desiderio.
La razione rimane scarsa fino al 20 ma poi riprende con la passata prodigalità o quasi. Il 22 ci danno 47 sigarette, il 24, omaggio di una ditta, tramite esercito, indirizzate agli “amici alleati italiani” giungono 50 sigarette, delle saponette, dentifricio sapone da barba, mezza tavoletta di ottimo cioccolato.
Lavoratori che rientrano aggiungono note tristi alla storia degli IMI – sono raccapriccianti storie di bastonature, di cloroformizzazioni e cremazioni, di fucilazioni, di torture d’ogni specie. Molti son quelli che, usciti dal campo per salvare la vita con una migliore alimentazione, hanno trovata la morte nelle più raccapriccianti circostanze. Il 25 muore un soldato del campo esterno per un’esplosione provocata cucinando all’aperto: muore dopo aver subita l’amputazione di una gamba e tormenti indicibili…
Il 24 mattina vado con Manni in ricognizione nell’immenso campo addestrativo che si stende fra Wietzendorf e Munster per una superficie di oltre 200 km quadrati. Visitiamo fortini ed opere d’ogni genere e ci rendiamo conto di come meccanicamente veniva riprodotta la guerra con piena verosimiglianza in sede addestrativa. Troviamo anche tracce di recenti combattimenti e ritorniamo portando 5 fiasche d’olio per lumini – ma il giorno stesso – finalmente – vien data l’illuminazione elettrica al campo. Cominciano così a funzionare ovunque radio e da ogni camerata esce allegra musichetta. Ma ho commesso un reato: mi sono appropriato di legna destinata a non so quali lavori e mi vengono somministrati 3 g. di arresti.
La sera del 24 festeggio la Vittoria entrando in cella, nella stessa prigione che tanto piacque alla mania di angherie dei crucchi. Colpo di naja che mi porta a molte considerazioni non certo lusinghiere sui nostri metodi disciplinari: la prigione è in comune con i soldati ed in essa è negato in gran parte quello che è vantaggio di ogni prigione: la tranquillità. Abbiamo avuta, il 22, la visita di Panazza e Milesi provenienti da Munster e da loro gli allegri racconti degli svaligiamenti dei grandi magazzini di viveri di Fallingbostel. Gli inglesi son partiti dal paese ed è venuto un reparto minore – abbiamo ripreso il traffichino del caffè per pane – per quanto la razione sia spesso di quasi mezzo kilo un po’ di supplemento non guasta.
Il 27 termino i miei arresti e riprendo la vita di camerata. Il 28 mi presento al Colonnello – asciutto asciutto – per la cerimonia di finita punizione. Sono quanto mai stanco di questa vita di esasperante attesa che nessun sintomo denota prossima alla fine. Sono seccato dal sistema disciplinare del campo. Mi vengono i primi dubbi circa l’eventualità che non solo impedimenti materiali ma anche motivi politici ostacolino il nostro ritorno. Finita la prigione ricomincio le lunghe passeggiate per i boschi alla scoperta di nuovi paesaggi e di cianfrusaglie varie che portiamo dai fortini: sono termometri, manometri, densimetri, accessori da motore, piccole dosi di esplosivi, lanterne, chiavi inglesi che riportiamo e regaliamo in camerata. Nella scelta si tende a riportare oggetti quanto meno utili possibile. C’è poi il passatempo di smontare in camerata quanto portato.