Il 6 altra endovenosa – ma indipendentemente da quanto dice il medico – Dottor Ghezzi – ho segni molto evidenti di miglioramento. Il 7 endovenosa e radioscopia che mi conferma il buono stato dei polmoni. Il Dottor Ghezzi trova il fegato diminuito. A sera vien l’ordine di tenersi pronti l’indomani mattina alle 8 per andare a Belsen. Si dice che là sarà pronto un treno ospedale per il rimpatrio.
L’8 mattina le operazioni di partenza subiscono ritardi ed il primo viaggio ha partenza alle 13. Alle 16 ritornano ambulanze e camion. Io monto su un camion con Ghezzi e Poidomani. Un’ora di strada e entriamo nella caserma di Belsen, grande come una città e qui scendiamo in attesa che ci assegnino una palazzina. Passa un’oretta di incertezza poi vedendo i prigionieri tedeschi che attrezzano la 49 entro e prendo possesso di una stanzetta a tre letti ove faccio poi venire il Capitano Naia e Sailer. Ci sistemiamo bene. Le swester, numerosissime, attivissime, pulitissime, gentilissime, ci forniscono di lenzuola asciugamani, coperte, pigiama. Lavatoi e WC sono simili a quelli di Bomblie. Vado attorno e trovo quelli dell’infermeria di Wietzendorf qui trasferiti d’autorità ieri; vado al comando italiano dei civili del campo, attacco bottoni a inglesi, tedeschi, dottori, ammalati, ma nessuno sa niente del treno ospedale.
Vado a passeggio per i bei viali frequentati da miriadi di donne d’ogni nazionalità – par d’essere in un luogo di villeggiatura fra tante vesti variopinte e fra tante donne in pantaloni. Ci si accorge poi che gran parte dei vestiti è ottenuta da coperte, da paracadute dai più disparati involucri militari. C’è un gran desiderio di allegria in tutti e in tutte – è forse solo una ricerca di distrazioni volte a coprire la nostalgia che è in tutti, il desiderio della propria casa del proprio paese. Trovo poi Posterivo, Riccardi e Mancino che son qua a divertirsi – mi dicono che rientreranno a Wietzendorf l’indomani mattina essendo stato il nostro blocco sorteggiato fra i primi a partire con loro, volenti o nolenti quelli dell’ospedale. Vado ad avvertire il Dottor Ghezzi il quale non può nulla obiettare in considerazione del fatto che qui l’alimentazione è come quella dei civili tedeschi – quindi non adatta per il mal di fegato anche se ben servita dalle swester. Saluto Poidomani e, presi gli ultimi accordi con i compagni di viaggio, mi ritiro.